Focus con Rosario Pelligra, l'intervista al presidente del Catania

Che tipo di centrocampo ha in mente il Catania?

"Anima e cuore", ma anche polmoni e fisico: riuscireste a vivere senza anche solo uno tra questi elementi? E quanto, invece, riuscireste a sopravvivere con uno tra questi a mezzo servizio? Uno dei paragoni più azzeccati riguardanti il calcio è quello che mette in stretto rapporto una squadra con l'organismo di un essere umano. Testa, organi: funzioni motorie, facilmente sostituibili con idee, ruoli e dinamiche tattiche. Senza fisico si fa fatica, senza polmoni non è possibile resistere a lungo: senza cuore, poi, neanche per un istante. Senza anima, invece, si perde il senso stesso del vissuto. Senza centrocampo una squadra non può giocare. La facciamo breve, pur sapendo che il discorso meriterebbe un'analisi più approfondita e meno superficiale. Il Catania soffre maledettamente in mediana: è un dato di fatto supportato dal campo e dalle gare fin qui disputate, nessuna esclusa. Ora: non è un discorso individuale, o comunque non solo. Le prestazioni dei singoli non giustificano, o non completamente, la mancanza di un vero e proprio concetto generale trasmesso fin qui da Francesco Baldini, su cui va, però, aperta una parentesi. E' indubbio che pochi mesi fa, pur conoscendo la situazione, l'allenatore rossazzurri abbia accettato la stessa "senza pistola puntata", ma con tutta l'onestà del mondo difficilmente si aspettava tutte quelle partenze tra i centrocampisti che lo scorso anno gli avevano garantito affidabilità, sicurezza e gioco, né di dover contare così tanto su alcuni elementi, tra titolari e riserve, che, sempre nella passata stagione, erano i sostituti degli insostituibili. Qui, però, si chiude la parentesi relativa alle giustificazioni e alle scusanti. Fatta eccezione per Izco, che nonostante Baldini si sforzi di proteggere dalle critiche rimane comunque l'ombra sbiadita del ricordo degli anni in Serie A, in mediana il Catania ha cinque elementi per tre posti: Maldonado e Cataldi come play, Rosaia, Greco e Provenzano come mezzali. Ci mettiamo anche Biondi, sei. I modi per alternare, in qualche modo, ci sono. Si è ormai capito che l'allenatore rossazzurro non cambierà Maldonado, reduce da prove assolutamente negative: ci sta, se si pensa all'estate, alla costruzione di una squadra proprio su "Morocho" alle offerte rifiutate. E' più un discorso di equilibri gerarchici che altro. Sicuramente lui non si sta dando da fare, tolti retropassaggi o passaggi corti: Cataldi è troppo giovane? Può essere: allora, forse, bisogna rendersi più furbi, a volte, chiamando il passaggio lungo e facendosi notare, deresponsabilizzandosi. Discorsi troppo profondi. Le mezzali non lo aiutano, è vero: Baldini ha ammesso, nel corso del post-gara contro il Bari, che la scelta di Provenzano è più fisica che altro. Da un giocatore comunque esperto per la categoria ci si aspetta più malizia e meno finezze: da Rosaia, invece, ci si aspetta prove a supporto della tesi avanzata da un altro Baldini, Silvio, che alla Carrarese lo considerava insostituibile. Al Catania per adesso non lo è: non basta correre. Occorre anche farlo bene. Prima di passare alla domanda principale e finale della nostra riflessione, capitoli Biondi e Greco: il primo conosce la piazza, ma c'è sempre il dubbio sulla sua effettiva posizione in campo. Il secondo, senza se e senza ma, è già pronto per una maglia da titolare. Quindi? La domanda, sì: che idea di centrocampo ha il Catania? Una mediana più fisica, che però mal protegge Maldonado e che fin qui non è stata capace di far filtro alla difesa? Un'altra più giovane, con Biondi e Greco in campo, basata sulla corsa? E, ultima (promesso), quanto ancora si può insistere con un 4-3-3 che, per il tasso qualitativo generale sicuramente non straordinario, ha mostrato limiti rispetto al 4-2-3-1 (da rivedere, però, in ottica Sipos)? Anima, cuore: polmoni, fisico. Testa: a Baldini la risposta.