Focus con Rosario Pelligra, l'intervista al presidente del Catania

Una vita fa

Una vita fa c'era un sole pallido, una vita fa era domenica. Una vita fa eravamo tutti lì, e chi non poteva a casa, ma presente. Una vita fa c'era anche chi oggi vorrebbe esserci. Una vita fa la classifica era relativa, per "noi": ma riscalda il cuore pensare che quel "noi", di una vita fa, è lo stesso "noi", del presente. Una vita fa non c'era un singolo posto vuoto, al Massimino: "quando ancora si poteva", diremmo rattristati e corrucciati per un quotidiano che ci annoia, ma con cui dobbiamo fare seriamente i conti. Una vita fa più di 20mila cartelli con una "B" stampata sopra si sostituirono, per qualche minuto, ai volti di più di 20mila anime disposte in ordinata passione. Una vita fa, poco dopo pranzo, e per più di un attimo, al gol del Pitu fummo attraversati dalla sensazione di essere invincibili, come città, come identità e come popolo calcistico: ma non immaginavamo neanche lontanamente di esserlo davvero. Perché una vita fa c'era l'Europa ad un passo e le grandi a portata di mano. Il fallimento era l'ultimo degli incubi: adesso, al contrario, è il primo tra i nemici che ammettono la sconfitta, per mano di un ideale più forte. Una vita fa c'erano ancora Pulvirenti e Zamparini, e la loro eredità: al Catania rimarrà Torre del Grifo e una mezza-fine; al Palermo l'Europa raggiunta e, questa volta sì, il fallimento. Una vita fa c'era un "ci vediamo tra cent'anni": che in realtà alla fine sarebbero stati cinque da quello striscione e sette dall'ultimo derby. Ad Est gli stessi di sempre, 11700, ad Ovest nuovamente cambiati. Una vita fa non avremmo mai immaginato di ritrovarci in Serie C, l'uno contro l'altro: una vita fa c'era la stessa emozione che ci sarà lunedì al Barbera, anche senza pubblico. Tutti presenti, anche chi non c'è più. Una vita fa c'era un sole pallido: e siamo sicuri che tornerà a splendere più forte di prima.