Focus con Rosario Pelligra, l'intervista al presidente del Catania

Andrea Russotto a Catanista (parte 2): "Io non gioco in Serie D, gioco a Catania. Quella volta a San Siro..."

Scritto da Marco Massimino Cocuzza  | 

Seconda parte dell'intervista di Andrea Russotto, ospite a Catanista il talk, tra ricordi, percorsi e aneddoti:

"Sul mio percorso dico che nella vita si porgono delle opportunità, se sei bravo e maturo a prenderle riesci a rimanere a grandi livelli. Io a 20 sono arrivato in A, anche presenze in under21 ed Europa League, ma evidentemente non ero pronto: non è difficile arrivare in A, lo è restarci. Ho avuto anche vicissitudini a livello di contratti e procuratori, ma quello ci sta. Sono felice di essere a Catania, i miei amici mi chiedono sempre cosa faccio in D. Io rispondo no, sono a Catania, il ché è diverso: per capirla va vissuta. Il mio percorso è stato questo, ho conosciuto mia moglie qui, ho avuto due bambini e va bene così. Io sono una persona molto emotiva, in campo sono però totalmente diverso rispetto a fuori: la mia emotività mi ha portato a tanta insofferenza, che poi si manifestava con reazioni e problemi. Ma sono così anche con i miei amici, non posso giocare a calcetto perché se non vinco è un problema.  Negli anni ho cercato di limare la cosa e sono migliorato dai. Devo dire che se non fosse andato tutto così non avrei conosciuto mia moglie, i miei figli e forse neanche Catania stessa. 

Allenatori? Ne ho avuti tanti. Intanto devo un sacco a chi ha creduto in me all'inizio ai tempi di Treviso, però ho avuto allenatori bravi ma non tanto dal punto di vista della comunicazione. Altri invece mi hanno trasmesso tanto a livello umano, su tutti Reja a Napoli, Donadoni. Però se dovessi ricordare qualcuno che mi ha dato tantissimo su tutti i fronti dico Lucarelli: ero praticamente in partenza, lui mi ha aiutato a rimanere e gli devo tanto, forse quello è stato il mio moglior anno. Lui è stato un grande giocatore e forse per questo è avvantaggiato quando trova giocatori con caratteri particolari. Non sono andato d'accordo con tutti ma va bene lo stesso, se fosse stato rose e fiori con tutti il mondo sarebbe stato noioso. 

Se un giorno mi potrei vedere su una panchina sinceramente non lo so perché non so se sono un grado. Devi essere tante cose: preparatore, gestore, psicologo, pensa se poi trovi 25 teste come la mia! Forse mi piacerebbe restare sul campo, ma non so se come allenatore. Per ora non ci penso perché altrimenti mi sento vecchio.

Il fascino rossazzurro è conosciuto, non penso che ci siano giocatori non affascinati da questa realtà, a prescindere da una società forte come quella di oggi. 18.000 spettatori non si trovano ovunque. Lo dice anche il fatto che nonostante le difficoltà economiche, negli ultimi anni del vecchio Catania sono arrivati per dirne alcuni Di Piazza, Marotta, Lodi, giocatori con mercato e importanti nonostante le difficoltà. Ma anche il fatto stesso che lo scorso anno con tutto il rischio di sparire, nessuno è andato via. 

Torre del Grifo un "problema" in C? No, è un centro che porta a fine anno almeno 5-6 punti in più. Semmai il problema è quando sei a Catania , la società non ti conferma, devi andare da altre parti e non trovi Torre del Grifo. 

Lo scorso anno eravamo arrivati in un momento dove nonostante le tantissime difficoltà, c'era il campo, e questo ci permetteva di non pensare a quello che avevamo intorno. A quel punto, ritrovarsi con nulla dopo tanti sacrifici, è stato un dito colpo. Vedere poi tutta quella gente in lacrime a Torre del Grifo e Mariano Izco che non riusciva a parlare dall'emissione, ci ho messo un po' a smaltire la cosa. Ricordo il derby contro il Palermo, non l'abbiamo vissuta con tranquillità quella settimana, c'era sempre qualche voce destabilizzante. Nonostante questo l'abbiamo preparata bene sapendo quanto fosse importante per i tifosi, dominando tra l'altro anche grazie al bomber Moro; con questa gioia regalata a tutti abbiamo un po' annientato le voci. 

Il giocatore più forte con cui ho giocato è Lavezzi, ma quando ho giocato a San Siro nel riscaldamento non sapevo chi guardare tra Seedorf, Pato, Pirlo, Kakà. Il calcio diventa sempre più tattico che tecnico, e la cosa non mi fa impazzire, è anche un po' il problema italiano: i giocatori tecnici ci sono ma si preferisce dare preferenza al fisico. La Serie A la guardo con piacere, guardo il Napoli e la Lazio, e qua soffro, ma anche B e se posso anche la C. 

Io la partita la vivo a modo mio, con i compagni scherziamo e diciamo sempre che per me la settimana dovrebbe iniziare il lunedì e finire il sabato, così non avrei problemi. È la domenica che mi frega e mi fa arrabbiare, se perdo e non mi secco mi sento come se non avessi partecipato. Fuori dal campo sono totalmente un'altra persona: alcuni mi dicono che si spaventano di me vedendomi giocare, e pensano chissà com'è sono fuori dal rettangolo di gioco, vedendo magari anche i tatuaggi, invece sono un "fesso". Totalmente diverso. 

I figli mi hanno cambiato in toto. Sono la mia parte migliore insieme a mia moglie, sono innamorato di loro. Mia moglie l'ho corteggiata per tantissimo tempo e non mi calcolava di striscio (ora sarà contenta perché sicuro sta guardando), poi una volta siamo usciti e devo dire che sembrava la conoscessi da tanto tempo. Se amo Catania è anche merito suo perché me l'ha fatta vivere da catanese tra carne di cavallo e altro, poi abbiamo provato a fare un bambino da subito, sono felice".