Editoriale: Rossi di rabbia, ma di cuore... (Lele) Catania
Rieccoci. Ci risiamo. E' di nuovo lunedì: un lunedì di fine estate, quello delle prime settimane dal rientro dalle ferie, quello della sveglia che suona e suona, e come si ferma questa sveglia? Non si ferma, mentre il traffico tentacolare immobilizza la circonvallazione. Ecco: è lunedì e già non è una gran bella cosa. Figuriamoci cosa vuol dire un lunedì simile per un appassionato del Catania: svegliarsi a malincuore ed uscire da casa dribblando "la" domanda che, da cinque ani, suona come una mazzata puntuale: "Ma che è successo a questo Catania?".
E' successo che nel weekend in cui la Rossa nazionale ha consacrato e confermato ulteriormente, questa volta in Italia, uno dei suoi talenti più puri, Charles Leclerc, facendoci ricordare Schumi e gli anni '90-'00, il Catania si è perso tra mille "se" e "ma" nell'ennesimo campo di provincia che questi cinque anni di Serie C (ultimi due, per quello di ieri) hanno dipinto come "tana infernale" e "fortino inespugnabile". Male. Perché sì, applausi al Potenza e a mister Raffaele per quanto prodotto in campo, ma al di là della sfumatura sportiva del concetto in sè, di rivolgere applausi e complimenti agli avversari ci siamo stancati anche noi, figuriamoci chi tra gli appassionati il lunedì, sul posto di lavoro o meno, deve giustificare una nuova e "inaspettata imPotenza" appellandosi alla difficoltà del campionato: "La Serie C è un inferno senza fine". Vero, ma in qualche modo bisogna uscirne. Questa deve essere la condizione fondamentale per analizzare il tonfo del Viviani: ci deve essere un modo per uscire da questa categoria, ma evidentemente non è quello mostrato ieri. Abbiamo citato la Ferrari: ci sono diversi parallelismi, d'altronde. Da una parte la difficoltà a vincere palesata negli ultimi anni, dall'altra la speranza chiamata Charles Leclerc. In mezzo i paragoni con i grandi del passato: euforia che va controllata se si vuole ritornare a vincere, al Cavallino. La stessa euforia che andava controllata dopo i due successi consecutivi con bel gioco del Catania. Insomma, nessun polverone, nessuna distruzione di massa: allarmismo, nel puro senso del termine, sì.
Dopo tre giornate, dopo cioè averne viste tante di situazioni, dai due gol presi sull'1-6 ad Avellino fino alla sfida con il Potenza, passando dalla gara difficile contro la Virtus Francavilla, Camplone può capire cosa va e cosa non va. Lavorarci e prendere le giuste contromisure: perché è sempre apprezzabile la volontà di premiare il lavoro in settimana, ma il campo non ammette passi falsi. Dispiace a tal proposito per Davis Curiale: "scelta tecnica", dirà Tacchi in mixed-zone. Così Davis non si aiuta. Dispiace perché non sembra essere proprio il suo momento calcistico. Dispiace perché quello sbagliato ieri rappresenta uno di quei gol che deve segnare per smentire le voci negative sul suo conto. Non il 3-0 contro la Casertana dello scorso anno: sì, bello, ma relativo. Quella di ieri poteva essere una rete pesante: per lui e per i compagni. E invece si è sciolto di nuovo, così come gli altri: la difesa non tiene il passo del gioco di Camplone, che lì dietro vuole velocità nel riposizionamento, in mediana si vede la luce solo quando entra Mazzarani, ma da mezz'ala. Il gioco è lento, compassato: le idee, se ci sono, vengono distrutte dal ritmo. Lodi tocca tantissimi palloni, ma siamo sicuri che al Viviani non si sia "divertito" di certo. A fine gara c'è spazio solamente per un applauso: zoppica, non riesce neanche a poggiare il piede. E' stato il più pericoloso nonostante l'infortunio. Speriamo non sia nulla di grave per Lele: da qui si riparte, da questo spirito, da questa fame. Dalla voglia di tirar fuori il Catania da questa categoria, anche con una gamba sola.