Focus con Rosario Pelligra, l'intervista al presidente del Catania

Illusione, emergenza e mortificazione

Così si mortifica una città intera, tutta. E non che se ne sentisse il bisogno, in tutta onestà. Si mortifica nel profondo essere dei catanesi, si mortifica nell’impoverimento estremo del concetto di “melior de cinere surgo”. Ma quale “surgo”: nessun “surgere” latino. Semmai “surgery” inglese, “chirurgia”, ma dei sentimenti costantemente in sala operatoria. Ma neanche i lifting possono nascondere ciò che sta accadendo a Catania. Si mortifica persino in quello spazio inviolabile che di solito riguarda i sogni, che tante volte riesce ad andar d’accordo con il calcio. In questo caso no: “tempi duri per i sognatori”, recitava una famosa pellicola. Così si mortifica giorno dopo giorno un ideale, più che una semplice serie di numeri, portato avanti da più di settant’anni da persone che non appartengono più materialmente a questo mondo e dai ricordi che sì, rimangono indelebili, ma che al tempo stesso sbiadiscono imprese e vittorie storiche, a causa di pochi. Si mortifica con il verbo dell’accusa, della ricerca costante del nemico: un giorno le curve, un altro i tifosi in generale, un giorno gli allenatori, un altro i giocatori che non ripagano le aspettative. Anche se, insomma, iniziano ad essere in tanti, tra allenatori e giocatori, che una volta via si lasciano andare a commenti che ritraggono una situazione tutt’altro che idilliaca. Ah, e poi la stampa, bersaglio facile: vengono scelti i destinatari del verbo, i salotti, i messaggeri che possono, più di altri, avvalorare la tesi di un’isola felice, nonostante fuori ci sia solo sabbia e deserto. Il resto? Tutti da attaccare o da evitare: funziona così. Infine, il silenzio stampa: ciliegina di un momento paradossale. Si mortifica il tifoso, prima attaccandolo in conferenza stampa, poi facendogli ricadere il peso dell’assenza al Massimino, che sì, dal punto di vista economico ha una sua incidenza: ma in termini di ingresso o meno c’è ancora libertà assoluta, fortunatamente. Lo si mortifica con le dichiarazioni del patron che, sempre in uno dei salotti prescelti, prima afferma che va tutto bene e poi torna sui suoi passi. Lo si mortifica con le dimissioni del direttore, da direttore generale o da amministratore delegato? Il succo? Passano i mesi, ma quali dimissioni? Si mortifica il tifoso recandosi a Milano per l'ultimo giorno di un calciomercato assurdo ergendosi a unico "a reggere la baracca": della serie, "scusate se è poco". Dichiarazioni che si commentano da sole: ma il Catania non era tornato? Lo si mortifica presentando una situazione a dir poco assurda: una squadra al centro di uno “smantellamento velocissimo” (questi sono i fatti consegnati dal mercato, non opinioni), un allenatore che deve fare anche il direttore sportivo e una stagione che rischia di svanire da un momento all’altro. Il calendario segna ancora febbrario: il silenzio assordante, a cui fanno eco dichiarazioni stonate, consegnano una sola immagine. La mortificazione di una città intera che non può fare altro che aspettare segnali di cambiamento dal futuro: ma è un cambiamento voluto o solo accennato? Come nel più classico dei casi, “ai posteri l’ardua sentenza”.