Focus con Rosario Pelligra, l'intervista al presidente del Catania

L’importanza di un Sarno così

Tacco, testa alta e palla di ritorno: se Marotta avesse segnato quel gol, avrebbe fatto venir giù il Massimino intero, consacrando di conseguenza l’invenzione di puro genio di Vincenzo Sarno da Secondigliano. Perché in fondo, Sarno è questo: intuizione nella confusione della nebbia. E se ritrovato pienamente, anche linfa vitale per il Catania. Ecco, in parte, la gara contro la Sicula Leonzio ci consegna la speranza, che con il tempo può diventare consapevolezza, di aver fatto passi avanti nel recupero del numero sette rossazzurro. Manca ancora qualcosa, però: la qualità si vede, la possibilità e capacità di creare occasioni pure. Ciò che ancora manca nella sua interezza, forse, è quella “libertà di” mostrata nelle tre fiammate della scorsa sfida del Massimino. Del dialogo con Marotta abbiamo già parlato nell’incipit, ma vale la pena ricordarlo ancora una volta: Sarno si accentra, raccoglie un pallone e lo scambia di prima con il numero nove rossazzurro, scambiando la posizione, per poi restituire una palla pesantissima da spedire in fondo al sacco. Ma nel primo tempo c’è stata un’altra occasione degna di nota: anche in questo caso, parte esterno, si accentra, raccoglie e “spara” dalla distanza, sfiorando il palo. L’invenzione che ha deciso il match è la conferma di quanto appena scritto: si fa dare il pallone, viene dentro il campo, no-look per l’inserimento di Calapai che verrà poi atterrato, guadagnando il rigore di Lodi. La costante dei tre esempi è chiara: meglio esterno. Meglio “libero di”: di partire largo, venire incontro e scambiare, inventare, risolvere l’azione. Meno ingabbiato, meno limitato da alcuni paletti tattici: certo, poi deve essere lo stesso Sarno bravo a dialogare con il compagni e a non nascondersi. Ma per il Catania, contare su un Sarno così (in attesa dei suoi colpi) può essere davvero troppo importante per il futuro.