Focus con Rosario Pelligra, l'intervista al presidente del Catania

Unità di Crisi: il tempo smonta le certezze difensive

Sì, nel calcio conta segnare un gol in più dell’avversario. Grande verità, imponente utopia: perché sappiamo che in realtà chi segna tanto vince le partite, chi subisce poco vince i campionati. Lo dice la storia della C. Premesse, prima di analizzare quelle che sono state le scelte del Catania in questi anni per il comparto difensivo centrale. In principio la rocciosità e l’esperienza di Dario Bergamelli, affiancata da un incostante Drausio Gil. Ma anche la libertà mentale mista alla grinta del tridente composto da Bogdan, Tedeschi e Aya, con la valida alternativa Blondett; poi il bisogno di monetizzare dando fiato alle casse con la scelta di far partire, giustamente, il centrale croato e sostituendolo con Tommaso Silvestri, che sulla carta di garanzie ne suggerisce tante. Succede però che il bel difensore ammirato a Trapani, a Catania lo si vede a tratti, e viene lasciato “solo” un anno dopo da Aya: per lui rifiuto del rinnovo e firma con il Pisa. Ecco che già all’inizio della stagione corrente appare chiaro come la società etnea non sia riuscita o non abbia voluto mantenere un certo assetto per più di un anno, fino alle ultime emblematiche decisioni. Partito Aya si prova prima a rimpiazzarlo con un profilo di categoria come Martinelli, secondo la nostra redazione addirittura andato a trattare direttamente a Torre del Grifo, poi con il “solito” Monaco: entrambe le trattative saltate dopo settimane di estenuanti trattative, ed ecco l’emblema. Si punta con decisione su Mbende, profilo dall’estero tutt’altro che di sicuro affidamento, anzi quasi un salto nel vuoto: il ragazzo, per carità, potrebbe anche venire fuori nel corso del campionato ma ha finora mostrato inadeguatezza, con alle spalle un Esposito che non da garanzie ma avendo disputato un ottimo precampionato doveva disputare una stagione da protagonista, e un Saporetti insicuro quando chiamato in causa. Ecco l’excursus di un declino dettato da scelte evidentemente indebolite, sempre meno mirate, e più casuali nel tempo: per un Catania che da un lato non riesce a difendere, dall’altro non ha la sicurezza di attaccare e, ad oggi, ottavo nella classifica delle peggiori retroguardie di tutti i gironi di C.