Focus con Rosario Pelligra, l'intervista al presidente del Catania

Miche Zeoli a Catanista (parte 2): "Qui ho passato 4 anni molto intensi, ho coronato il sogno di far nascere a Catania le mie figlie"

Scritto da Marco Massimino Cocuzza  | 

Seconda parte dell'intervista a Michele Zeoli, oggi a Catanista il talk (qui disponibile la prima), tra amarcord e rivelazioni personali:

"I 4 anni che ho passato a Catania sono stati intensi, mi hanno lasciato il segno perché ho dato e ricevuto tanto. Giocare qua non è facile? Mah, diciamo che non avevamo una vita privata, uscivamo poco perché l'obiettivo era ben fissato e volevamo rendere felici i tifosi, però mentalmente sì era stancante...ho visto delle mie foto insieme ai compagni, sembravamo un po' sciupati (ride, ndr). Di Taranto ricordo bene la vigilia, l'arrivo in hotel, i momenti con i compagni, ma della partita quasi nulla. Poi il ritorno a Catania, ci siamo resi conto dopo di cosa avevamo fatto. 

La differenza tra la C vinta da noi e quella di oggi? Intanto dipende anche dal girone in cui si è, io ad esempio ho giocato nello stesso di Ascoli, Palermo, Messina. Al sud io penso che la Feralpisalò avrebbe fatto molta più fatica. Il nostro direttore ha scelto gli uomini non soltanto sul piano tecnico - tattico, ma anche caratteriale. Qui serve saper reggere le pressioni, essere uomini. Ecco perché il sapore che mi lascia questa società è atipico, quasi anglosassone, votata al lavoro continuo e alle regole. L'anno prossimo una casa ci vorrà, non solo per gli allenamenti ma per passare tanti momenti importanti insieme e confrontarsi. 

Il calcio oggi per fare tornare giocatori come Baggio bisognerebbe tornare a come si faceva in quegli anni. Ad esempio andrebbe vissuta la primavera, di questo anche Mancini si è lamentato. L'anno scorso a Torino si parlava in inglese, poi si creano discorsi economici: avevamo il capitano in primavera cresciuto lì da quando aveva 6 anni e non aveva un contratto, poi c'era un giocatore brasiliano preso dal Cruzeiro che invece l'aveva. I giocatori poi ormai vengono scelti sul fisico più che sulla tecnica, ma l'area scouting per una società resta fondamentale. 

Un compagno che ho mandato a quel paese? Eh, forse non lo ricordate. Giocavo a Giarre, da giovane nel 93', c'era un attaccante di nome Coppola, io gli ho alzato le braccia su una palla che lui voleva e niente...a fine partita mi sono ritrovato in un armadietto e non ho camminato per una settimana perché me le diede di santa ragione. La più grande gioia della mia vita è la nascita delle figlie, anche perché era il mio sogno farle nascere qui e così è stato. La più piccola viene spesso allo stadio con la mia maglietta, anche se cerca quelle degli altri perché mi reputa vecchio. Però quella è la maglia dell'esordio in B contro il Genoa, vinto 3-2: quella partita c'erano circa 25.000 persone allo stadio, emozioni uniche perché feci pure il capitano. Ho ricordi indelebili come Iezzo che a Pedara rincorre un tifoso durante l'allenamento, della forza e generosità di Lulù Oliveira. 

Il giocatore che più mi ha impressionato è stato Lazetic del Genoa, che mi fece impazzire in una partita con il campo innevato, mentre tra i miei compagni penso che Fini avrebbe potuto fare una carriera ancora più importante di quella avuta. Sulle mie scelte penso che tornando indietro non andrei a Padova, anzi smetterei prima, non perché sono stato male ma per una questione mia. 

Il soprannome Zorro nasce perché c'era un ragazzo del gruppo "La Vecchia Guardia", me lo diede un po' per il nome e un po' perché la Z lascia il segno. 

Non mi ispiro a nessuno in realtà, ma in molti mi hanno dato tanto. Ad esempio mister Guerini mi ha lasciato tanto per iqanto riguarda la gestione del gruppo, oppure Simonelli al Pescara mi ha fatto vedere le partite diversamente".