Focus con Rosario Pelligra, l'intervista al presidente del Catania

Sopra tutto: "El Pata" Castro

Da un ragazzo nato a La Plata è lecito aspettarsi di più, sempre: spirito d'indipendenza e rivoluzione sopra tutto. Sopra tutti: "Vai a Catania", suggerisce fermamente El Cholo, suo allenatore al Racing del Avellaneda, già a Madrid da qualche mese. "Vai a Catania che ti troverai bene": Lucas lo ascolta, prende le valigie e affronta il destino. Se nasci dalle parti del Rìo de La Plata, dicevamo, hai più probabilità di essere simile ad un catanese, e di conseguenza ad un siciliano, che all'uruguagio che ti sta di fronte a Colonia del Sacramento (vicino Montevideo) e che, dall'altra parte del Rìo, ti saluta allegramente. Per El Pata, come per tutti gli altri, è stato così. Quando atterra a Catania, superata la metà di luglio del 2012, in città c'è fermento e attesa: nessuno, poche settimane prima e dopo una stagione ai limiti della perfezione progettuale e sportiva, avrebbe potuto prevedere gli addii in contemporanea di Vincenzo Montella e di Pietro Lo Monaco, per gli arrivi di Rolando Maran e di Sergio Gasparin. Come del resto nessuno avrebbe potuto immaginare che quella che stava per iniziare sarebbe stata la migliore stagione che il calcio a Catania avesse mai vissuto. Viene presentato come un giocatore che può ricoprire sia il ruolo di esterno che quello di mezz'ala nel 4-3-3, interessante soprattutto per la potenza fisica associata alla velocità di pensiero. Ciò che non viene raccontato è che, come El Papu e El Pitu, ha qualcosa in più del concetto di "utile alla causa": anche lui è uno degli esponenti viventi del "criollo", linguaggio artistico, sociale e stilistico del calcio argentino (e non solo) elevato alla massima potenza del "bello". Il suo stile è di un'eleganza disarmante: El Papu ha i passetti, El Pitu ha la lettura in anticipo dei movimenti del corpo, El Pata ha il lavoro di suola e un terzo tempo da cestista NBA prestato al calcio. Dei 13 gol in 94 presenze con la maglia del Catania, quello siglato il 27 gennaio 2013 al Massimino contro la Fiorentina resta senza dubbio la definizione e la rappresentazione migliore dell'atleta Lucas Castro da La Plata: nella "gara dei colpi di testa" (tre a referto come marcature in quel 2-1), Castro decise di spiegare la metafora del "Pata", il "piedone", come la dimostrazione di "qualcuno che sta un passo avanti". El Pitu, a pochi secondi dalla fine, corre per tutta la fascia crossando infine con il destro. Dopo aver aspettato il pallone, in area, il numero 19 (che oggi compie 31 anni) prende l'ascensore per l'attico dove Roncaglia, suo marcatore, non può mai arrivare: terzo tempo che dura due secondi e mezzo buoni, colpo di testa e tutti a casa. Istante che, ancora oggi, rimane l'espressione più alta del concetto di "miglioramento, indipendenza e rivoluzione" che quel Catania, in quella stagione, recitò dal primo all'ultimo istante. Sopra tutto: sopra tutti, come El Pata in una fredda e indimenticabile domenica di gennaio.