Focus con Rosario Pelligra, l'intervista al presidente del Catania

Editoriale: “Non tutto è bene ciò che finisce bene, ma…”

Ed eccoci giunti al commento finale del campionato, eccoci giunti all’epilogo privo di applausi ma attraversato da un senso di pace visto il pericolo scampato per chi veramente pensava che il Catania ai playout potesse incontrare enormi difficoltà. Chi vi scrive era uno di questi, uno di quelli che pensavano che dover affrontare un Monterosi per non retrocedere, per questo Catania, sarebbe potuto essere più ostico di sfidare un Vicenza per andare in B; ed è  proprio per questo motivo che la vittoria contro il Benevento lascia un sapore positivo. Poi basta. Stavolta non tutto è bene ciò che finisce bene, e una salvezza raggiunta con una buona prestazione non può cancellare umiliazioni e prestazioni senza mordente figlie di una mentlità sbagliata.

Del resto, come ha affermato Zeoli, l’offrire prestazioni positive solo quando la sfida all’orizzonte è reputata davvero importante non è un pregio, anzi, ma è un dato di fatto stagionale. La salvezza non può essere un obiettivo che produce giubilo, ma i giocatori hanno davanti a loro un’opportunità, l’ennesima, e sicuramente la loro preferita, visto che per cancellare la frustrazione ed annullare i fischi che hanno accompagnato il giro di campo dell’ultima giornata c’è solo una soluzione: vincere i playoff. Utopia probabilmente, ma è l’unica via che possono percorrere, altrimenti rimarrà assolutamente un’annata fallimentare con una Coppa Italia utile solo per l’almanacco, anzi per Wikipedia.

Da oggi in poi in città la domanda sarà solamente una: ma questo Catania cosa può fare ai playoff? Di primo acchito il novanta per cento degli interpellati risponderebbe poco e niente, ma in realtà c’è una piccolissima probabilità legata solamente al sentirsi da parte dei giocatori una squadra di valore. Il Catania partirà quasi da zero, come tutte (anzi come terza), e senza essere  considerata una squadra da 17 sconfitte ed 1 solo punto in trasferta nel girone di ritorno. Il Catania vuole sentirsi puro ed immacolato, un po’ come in Coppa, e magari chiamato a sfide importanti da dentro o fuori per dare il massimo. Questo rimane un grosso limite per una squadra che deve affrontare dall’inizio un campionato o un percorso biennale, ma diciamoci la verità: la maggior parte dei giocatori lasceranno Catania a giugno; e allora ci sono solo otto partite, senza progetti e aspettative. Tutto a entrare e con quella errata mentalità che nel frangente potrebbe anche tornare utile. Le percentuali sono bassissime, le aspettative effimere, l’anno prossimo in ogni caso ci vorrà una rivoluzione, ma ci sono ancora delle partite da giocare, in cui tifare ed in cui banalmente e anche puerilmente sperare. Del resto il tifo è questo, dirigere una società è altro, ed è proprio per questo motivo che non tutto è bene ciò che finisce bene, ed una rivoluzione sarà indispensabile, ma l’annata ancora non è finita e chi vuole sperare, senza molte aspettative può farlo