Focus con Rosario Pelligra, l'intervista al presidente del Catania

Editoriale: Mezzo derby. C'è qualcosa che non va?

Il fatto è che per quarantacinque e più minuti la squadra reduce da un periodo (per non parlare della vigilia) e dir poco assurdo e con soli undici giocatori disponibili, più portiere "mascotte" in panchina, sembrava essere il Catania e non il Palermo: a cui, tra l'altro, è stata quasi servita su un piatto d'argento l'occasione di compiere un'impresa dal peso di gran lunga superiore a qualsiasi goleada. Fortunatamente per il Catania e per i suoi tifosi, il caso ha voluto intercedere affinché questo non accadesse, salvando la faccia. Bicchiere mezzo niente e mezzo nulla: senza essere dissacranti. Mezzo derby. A fine gara mister Raffaele si sarà girato per l'ennesima volta verso la sua panchina e avrà pensato che almeno non si è perso, che questa partita sia stata smarrita chissà dove, nel percorso tra pullman e albergo, o tra albergo e stadio: e questo deve far riflettere più di ogni altra analisi, perché al fischio d'inizio il Catania in campo non c'era. Perché al fischio d'inizio il Catania in campo non c'era? Ci sono almeno due modi per rispondere a questa domanda: elogiando il Palermo, cosa che non ci riguarda, o ammettendo che la squadra di Raffaele abbia qualche problema in più rispetto a quelli che si pensava potesse avere dopo le sconfitte contro Ternana e Bari. Il primo è mentale, perché un approccio del genere è indice di una scarsa consapevolezza di cosa sia un derby, e nello specifico di cosa sia "il" derby per i catanesi (l'ha detto Guerini all'intervallo, mica noi); il secondo è fisico. Alla fine si fa di nuovo male Tonucci, le gambe sono macigni visibilmente difficili da trasportare e c'è sempre quella sensazione di squadra che non corre che fa a botte con la realtà: i ragazzi di Raffaele corrono, semmai corrono male. Attenzione, però: le scarse aspettative del precampionato e di un'estate assurda non devono pregiudicare la possibilità di rivolgere qualche critica a questo Catania. Specifichiamo "questo" perché, appunto, "questo" non può essere quello vero, al netto delle difficoltà oggettive di un nuovo percorso societario. Insomma: lo abbiamo scritto più volte, poi c'è il campo, e il resto non conta. Urge un reset per evitare fraintendimenti e risolvere le perplessità di tutti: anche perché in questo non-calcio che viviamo di settimana in settimana (se va bene senza rinvii, ma con squadre decimate) vincere è l'unica cosa vera, tangibile, concreta che ci è rimasta. Alla fine è stato compiuto l'ultimo tra i punti presenti nella lista delle eventualità: non scendere in campo, consegnare al Palermo spunti e suggerimenti per la resa pratica della retorica e della storia delle Termopili e uscire con un pareggio che non è carne, non è pesce, ma dono della fortuna e segno dell'inerzia. Ad Ovest ricorderanno questa gara per un po': sta a Raffaele, adesso, ad Est, farla dimenticare ai suoi, ai tifosi e alla città.