Focus con Rosario Pelligra, l'intervista al presidente del Catania

Giuseppe Raffaele, "l'uomo che viene da lontano"

Occhi lucidi tra delusione e orgoglio: immagine indelebile di una serata, quella del Massimino, costruita negli anni e che parte da lontano. Più o meno come lui: Giuseppe Raffaele e il suo calcio, d'altri tempi come gli ideali posti a base del gioco più semplice al mondo, trasformato in magia nera dai profeti. La storia di Raffaele è la classica storia di sport che ben si intreccia a quella di vita, fatta di gavetta e concetti chiari, di lotte ideologiche in una terra, la nostra Sicilia, che non può fare a meno di mettere davanti ostacoli da superare, in particolare nel calcio. Chissà a cosa avrà pensato nel 2006, anno della sua seconda nascita calcistica, tra il ritiro con lo Scalea e la decisione di collaborare con il Due Torri, alba della sua carriera da allenatore (i risultati al Potenza sono noti, ma è utile ricordare quanto di buono fatto anche all'Igea Virtus e all'Orlandina). Letto così, è uno scherzo del destino mica da poco: se è vero che il "Raffaele-pensiero" nasce in campo, in pantaloncini e tra le maglie dei difensori (Raffaele è stato un attaccante non indifferente), quanto è adesso, quanto può raccontare e consegnare al calcio in termini di tattica e gestione inizia ad assumere forma e sostanza proprio quando la clessidra che segna lo scorrere del suo tempo fa cadere il trentunesimo granello. Che, poi, è anche il momento in cui Catania è tornata a sognare. Tornando alla serata del Massimino del maggio 2019, quella dello scatto di Di Piazza dopo una partita che definire complicatissima è riduttivo, ciò che rimane e va al di là degli anni è lo sguardo al triplice fischio, dopo aver raccolto con il suo Potenza gli applausi di tutto lo stadio. Occhi lucidi tra delusione e orgoglio: la prima per il doppio risultato tra andata e ritorno (nei confronti con il Catania, Raffaele ha perso solo una volta, lo scorso 27 novembre in Coppa Italia Serie C, poi due vittorie e e quattro pareggi), il secondo per quanto riuscito a costruire dal suo arrivo, ad ottobre 2018. Da "sarto", come lui stesso si è definito poco tempo fa, ha disegnato l'abito migliore ai suoi ragazzi (tra il 3-4-3 e il 4-3-3, sia al Potenza che all'Igea Virtus), annullando i valori precostituiti in maniera ingenerosa da statistiche e valori di mercato. Ridonando linfa ai concetti di meritocrazia e lavoro, da anni latitanti in questo sport, soprattutto in Sicilia. Il suo destino e quello del Catania si incontrano esattamente tra questi due principi: il merito che si lega al lavoro e viceversa (che ben si sposano con quanto fatto dalla SIGI), all'alba di una nuova era sportiva. In un certo senso, Raffaele e il nuovo Catania si sono scelti a vicenda: lui, l'uomo che viene geograficamente da vicino, ma calcisticamente da lontano, nel club che affonda le sue radici da lontano, ma che vuole restituire parola ed emozioni a quanto a lui vicino. (Foto: LaPresse)