Il calcio ai tempi del Coronavirus
Ci siamo svegliati rossi, tutti. E' servito un virus a farci riunire: anche se, a dir la verità, rossi lo eravamo anche prima. Eravamo rossi di imbarazzo perché ci preoccupavamo a tal punto dell'immagine che avrebbe potuto consegnare il nostro Paese agli altri con una o più partite a porte chiuse che ci siamo scordati, per qualche settimana, che il probema più importante fosse la salute. Ma noi italiani siamo fatti così: ci rialzeremo, lo faremo in bello stile.
Evitate gli assembramenti, evitate di uscire di casa se non necessario: evitate anche i baci alla Maradona-Tevez, o se preferite alla Spinesi-Vargas. No, anzi: passate del tempo con la persona che amate, purché viviate insieme e con le indicazioni del Governo. E se per qualche settimana vi toccherà guardare una fiction strappalacrime senza capirne minimamente senso logico e intrecci amorosi, fingete: questo periodo passerà in fretta. E una volta seduti al vostro posto, allo stadio o sul divano, potrete dire che sì: ne è valsa la pena. In fin dei conti, trovare un senso agli abbracci post-gara in un contesto in cui non ci si può neanche stringere la mano prima della partita è quasi impossibile. Con buona pace di Icardi e Maxi Lopez. Insomma: Bisognava fermarsi.
Non è facile per nessuno rivoluzionare le proprie abitudini, ce ne rendiamo conto: prendete noi. Fino alla giornata di ieri abbiamo trasmesso i due consueti appuntamenti radiofonici su Radio Fantastica con guanti, microfoni protetti e disinfettante a portata di mano, e oggi ci siamo ritrovati a sfruttare appieno le potenzialità dei social. Beh che ci svegliamo presto di nostro, quindi non è stato un problema: il tempo di far colazione, docciarci e vestirci e tra un "Mi sentite?" e un "Sì, io vi sento" (a tratti) eravamo in conference call su whatsapp, in tre, a programmare questa e le prossime settimane. E qui più che de "il calcio ai tempi del Coronavirus" bisognerebbe parlare de "le redazioni ai tempi del Coronavirus". Ma tant'è: non ci fermiamo, saremo sempre a tenervi compagnia.
Da un lato c'è il peso di vivere un periodo che certamente leggeremo sui libri di storia, dall'altro la responsabilità e la possibilità di essere eroi, insieme. Tutti "buoni" contro un unico "cattivo": senza allarmismi o speculazioni. E chissà che queste settimane non ci uniscano anche dal punto di vista sportivo: la nostra mente sarà rivolta a quel prato verde delimitato da tribune che raccontano imprese storiche. "A poco a poco la idealizzò, attribuendole virtù improbabili, sentimenti immaginari, e dopo due settimane pensava solo a lei", scriveva Gabriel Garcia Marquez ne "L'amore ai tempi del colera". Faremo lo stesso con il pallone. Torneremo a parlarne seguendo con gli occhi i movimenti di uomini (o donne) che hanno avuto dal destino il prezioso dono di una casacca, pantaloncini e calzettoni a rappresentanza di una città. Lo faremo con più forza di prima, ma lo faremo solo se staremo uniti e useremo la testa. E magari non ci farà neanche male riguardare vecchi filmati dal sapore amarcord: quali fate voi. Ad ognuno il suo: senza imbarazzo, né impazienza. Perché il calcio è vita: ma la vita è tutto.