Focus con Rosario Pelligra, l'intervista al presidente del Catania

Quando il calcio si fermò, a Catania e non solo

Il calcio riprenderà. Prima o poi riprenderà: scorre infinito come il tempo, in un moto perpetuo che non conosce limiti, se non quello dell'umana percezione. Possiamo sorridere: vinceremo la nostra battaglia impersonale contro il Coronavirus e torneremo a gioire di gusto e stile. Il passato, d'altro canto, ci consegna memorie di un periodo in cui il calcio si fermò, diventando davvero l'ultimo aspetto della nostra vita: la guerra è tremenda. CLIMA TESO - A Catania, questa ebbe un impatto catastrofico dal punto di vista vitale, urbanistico e sociale: e, come anticipato nei toni, in parte possiamo sorridere al pensiero che da questa battaglia contro il virus, di gran lunga più semplice di un conflitto bellico che nella sua forma più estrema non conosce popoli né religioni, ne verremo fuori. Il calcio durante la seconda guerra rinnovò intenzioni e progetti, anche in terra etnea. Il Girone N di Serie C, nell'autunno del 1942 era composto da dieci squadre: il Siracusa, il 58° Corpo dei Vigili del Fuoco di Palermo, l'Enna, la Passamonte Messina, l'Agrigento, la Marinai d'Italia Marsala, la Juventus Trapani, la Nissena Caltanissetta, la Siderno e l'Associazione Fascista Calcio Catania, nata dalla "Società Sportiva Calcio Catania" sei stagioni prima in Serie B, ma dal complesso e altalenante destino sportivo. In città il sorriso era un forzato gesto di convenienza più che l'espressione massima di un'emozione: il 1943 passerà alla storia come l'anno della "caduta" della Catania fascista e dell'impatto fattivo e concreto dell'operazione "Husky" in Sicilia, e il clima di incertezza imperversava nei cuori dei cittadini che, nel corso dei secoli, non aveva ancora trovato l'identità stabile di un popolo che nell'animo aveva la saldezza e lo spirito di chi vuole mollare. Neanche sotto le bombe: quelle degli anni precedenti furono tremende. Ma la liberazione era vicina: il 1942 calcistico fu l'ultimo prima della rinascita, in tutti i sensi. FIL ROUGE TRA LE EPOCHE - C'è un fil rouge che collega quel periodo così lontano al nostro: l'indecisione degli organi governativi. Nessuno, in quegli anni, nonostante i bombardamenti e una situazione in continua e irrefrenabile escalation ebbe il coraggio di prendere in mano la situazione e "chiudere" il calcio: la differenza sostanziale tra le due epoche è la presenza di un regime, ma tant'è. In guerra a chi importa delle vite umane? La risposta negli stadi fu immediata: deserti privati del pathos dello spettacolo. Del calcio non importava ragionevolmente a nessuno, ma si continuò a giocare. La FIGC cercò diverse soluzioni per evitare i lunghi spostamenti delle squadre: quella della creazione di dodici gironi interregionali fu la più concreta, a patto che venissero ripescate diverse squadre per poter arrivare ad aprile nelle condizioni migliori per disputare le finali, ma la scelta di inserire nei raggruppamenti diverse formazioni materasso non venne accolta positivamente da quelle costruite per vincere. L'eccezione fu rappresentata dalla Siderno, squadra calabrese: ma il campionato partirà così come previsto. L'Associazione Fascista Calcio Catania è reduce da una stagione difficile con Géza Kertész in panchina: eroe simbolo di un conflitto disumano. Allenerà la Roma in Serie A: al suo posto arriva Berardo Frisoni. In avanti c'è un volto nuovo: Marco Romano è ciò che più somiglia al bomber di Serie B nostrano e avrà modo di dimostrarlo. Di fatto la squadra etnea perderà una sola volta, alla seconda giornata in casa del Siracusa, concludendo la stagione regolare con 31 punti e 8 punti di vantaggio sugli aretusei: ah, sì, la stagione regolare. Se secondo la FIGC sotto le bombe si può (amaramente) giocare, in un territorio prestato costantemente alle operazioni militari non proprio. Catania-Siderno, in programma il 31 gennaio 1943, non avrà mai inizio: la Siderno non può in alcun modo raggiungere la città etnea, e la guerra lancia il primo segnale. Verranno disputate, al contrario, tutte le gare fino al 7 marzo, compresa quella contro il Palermo vinta per 1-0 grazie alla rete di Marcoccio al primo minuto: di lì a poco succede di tutto. La FIGC comunica le partecipanti ai Gironi finali: il Catania è con Varese, Salernitana, Biellese, Forlì e Borzacchini Terni e la gara di esordio è fissata per il 4 aprile proprio contro quest'ultima. In casa sua. Ciò che essuno sa, però, è che quella terminata per 1-1 sarà l'ultima gara prima di un lunghissimo stop di un anno e mezzo. La guerra vive la sua fase ultima: quella della distruzione della realtà. RINASCITA - L'aspetto alquanto bizzarro di questa storia è che la FIGC, allora come adesso, scelse la via più semplice: decise di non decidere. Le gare del Girone finale vennero disputate regolarmente, tranne quelle che riguardavano l'Associazione Fascista Calcio Catania, escluso per cause di forza maggiore. Il clima si inasprisce e la città diventa l'inferno: piovono bombe ovunque, e il silenzio tra uno sgancio e l'altro diventa oasi di pace lontana mille miglia per un popolo costretto a lasciare il centro urbano. Dopo l'estate Catania sarà finalmente libera: libera di piangere le sue vittime, libera di ricostruire dalle macerie. Morali, spirituali e urbanistiche: calcistiche (tre anni dopo sarebbe arrivato il Calcio Catania come noi lo conosciamo). Libera di ripensare a quel Catania che avrebbe potuto, e come avrebbe potuto farlo, conquistare una promozione in Serie B che fu negata dalla sospensione di un campionato che non doveva neanche iniziare. L'ultima grande sospensione che il calcio racconterà fino ad oggi: il clima è diverso, viviamo tutti in case calde nelle quali stare, leggendo e guardando la TV, scontando la quarantena. Vinceremo questa battaglia: non è la guerra. E questo ci fa sorridere.