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Tra la "scuola Galeone" e la voglia di divertire: ecco Camplone

C’è un motivo se ultimamente, e nello specifico nella stagione che deve ancora iniziare come in quella appena passata, in due tra le più “alte” panchine italiane ci sia o ci sia stato un allievo di Giovanni Galeone. E il motivo è semplice: il suo calcio funziona. Ma tralasciando velocemente paragoni e richiami a Massimiliano Allegri e Marco Giampaolo (magari di lui parliamo tra poco, però), anche Andrea Camplone, nuovo allenatore del Catania, rientra nella cerchia degli allievi della “scuola Galeone”. LA RICERCA DEL GIOCO E DEL DIVERTIMENTO - E come tutti i tecnici che, nel corso delle stagioni, di Galeone hanno riprodotto sul campo i concetti, anche Camplone (che lo ha avuto come allenatore al Pescara) ne incarna il verbo calcistico, a partire dal modulo: il 4-3-3 del divertimento propositivo. Il resto è quello spirito che Galeone, riferendosi al 4-4-2, riuscì a riassumere così: "Facile dare la palla all’altro e dire: pensaci tu. E chi si assume la responsabilità di dribblare, tirare, rischiare i fischi? Io ai ragazzi ho sempre detto di prendere l’iniziativa: il 4-3-3 è fantasia e basta". Pensieri e parole riprodotte, anni dopo, da Camplone e gli altri. Palla a terra, due esterni alti e imprevedibili che sappiano rischiare: rischio che deve correre anche la mezz'ala di turno, che deve essere capace di inserirsi quando la punta apre il campo. Questa la base: interessante, poi, lo sviluppo del suo 4-3-3, spesso con uno dei due esterni alti pronto a dialogare con la mezz'ala vicina, mentre l'esterno opposto stringe verso il centro, con la mezz'ala pronta a posizionarsi al limite o sulla trequarti. Fondamentale, però, la presenza di una punta mobile: ma questo è, più in generale, uno dei fondamenti del 4-3-3. ALLENATORE DA FILOSOFIA CATANIA - La tendenza a creare un rombo in mezzo al rettangolo verde, d'altro canto, non è cosa nuova per gli allievi di Galeone: tralasciando come detto Allegri, Catania come piazza ha conosciuto (anche se nel periodo sbagliato) la filosofia di gioco di Marco Giampaolo, che nel frattempo di strada ne ha fatta, finendo al Milan. I due, Giampaolo e Camplone, sono diversi, è vero: ciò che conta, però, è la predisposizione positiva al gioco piuttosto che al "lancio lungo e pedalare". Poi dovrà essere bravo Camplone, che a Galeone ha aggiunto anche qualche principio di Zeman, a dimostrare che quanto appena scritto non è solo una scheda fatta di parole vuote: compito difficile, visto lo spettacolo offerto dalle squadre dei suoi predecessori. Ma ci si augura che questa appena accennata, da domani, sarà tutt'altra storia.